di Madame Nicole
«Non serve che te lo dica che questa non è una fuga romantica.»
Ecco, con un frase ha mandato a fanculo tutta la poesia del momento. Lo so che non siamo in una gita di piacere.
«Cosa dobbiamo fare Damiano?»
«Oooh no, Viola. Cosa TU devi fare. TU devi stare con gli occhi aperti e imparare senza distrarti.»
«Sono pronta»
«Cominciamo qui, mentre guardiamo il mare e io ti stringo tra le mie braccia. Sai perché ho scelto questo yatch Viola? Rispondimi con attenzione…»
Sospiro in parte scocciata in parte divertita. Mi annoiano questi addestramenti dove sono sempre all’oscuro di tutto. Però essere qui da sola con Damiano è anche molto eccitante, il suo fascino è tangibile attorno a noi.
«Io credo tu abbia scelto questo luogo… » lascio le parole sospese mentre mi appoggio con la testa al suo sterno inclinandola indietro e avvicinando la bocca al suo orecchio
«Perché non posso scappare!»
Vedo il suo labbro arricciarsi in un sorriso e so che la prima prima risposta è corretta. E così sono in trappola, di notte, in mezzo al mare, fino a che non supero un qualche tipo di prova.
«Entriamo» esclama Damiano staccandosi da me e entrando nell’abitacolo della barca.
Nella sala centrale c’è un tavolo in noce e due poltrone. Sul tavolo c’è una meravigliosa scacchiera con gli schieramenti pronti.
Damiano si siete e io faccio altrettanto.
«Bianchi o neri?»
«mmh non saprei» non me ne intendo proprio e poi a cosa serve tutto ciò?
«Vedi Viola, se vuoi fare bene il tuo lavoro nel club di Daniele, devi migliorare le aperture» mentre lo dice mi viene da ridere, sbaglio forse, ma che cazzo vuole dire? Io al club di Daniele devo dare le carte, sono io che apro il gioco. Sempre!
Damiano gira la scacchiera con i bianchi verso di me. Abbasso lo sguardo imbarazzata e senza sapere bene se devo fraintendere o meno le sue parole.
«Negli scacchi le pedine bianche fanno la loro mossa per prime. E tu devi fare altrettanto, devi portare a tuo vantaggio i benefici di poter fare la prima mossa»
«Damiano non capisco, cosa devo fare esattamente?»
«oh no, dolcezza, questo devi capirlo tu, giochiamo!»
Damiano si lascia cadere contro lo schienale della poltrona e mi guarda. Le mie mani tamburellano sul bordo della scacchiera per qualche secondo mentre cerco di fare mente locale sulle regole base del gioco e sulle principali aperture che ho imparato una vita fa.
Alla fine muovo il pedone e libero la regina.
«Un gambetto di donna…» commenta Damiano «un’apertura antica, solida, ma anche molto popolare, perché hai scelto questa?»
Damiano è sexy mentre parla e vorrei tanto dirgli che di scacchi davvero non capisco un cazzo, che ho fatto la prima mossa che mi è venuta in mente per via della serie tv di cui tutti parlano. Non dovrei fissare così i suoi addominali, dovrei proprio ancorare gli occhi alla scacchiera. C’è la fila di donne nella sua corte e anche se siamo qui assieme sicuramente non c’è il minimo secondo fine da parte sua.
«Viola, mi rispondi?» esco dal torpore della mia mente e le mie guance si arrossano delicatamente.
Cosa dico ora per far sembrare la mia mossa qualcosa di ragionato per far colpo su Damiano? C’è un filo di tensione nell’aria.
«Ho pensato a un’apertura al femminile per dare un’idea di forza, di libertà, di attacco. Per conquistare la scacchiera e non dare spazio al mio avversario di farsi avanti verso di me» sorrido.
«ahah bene. Questa fuffa va bene dolcezza» ride rilassato e continua dicendo «ora immagina che mentre tu inizi il tuo gioco e il tuo avversario ti fa conquistare la sua parte di scacchiera, il gioco si sposti altrove…».
Mentre conclude il suo turno sento il suo piede appoggiarsi alla mia caviglia strusciandosi sensualmente. Sprofondo nello sguardo di Damiano che mi fissa e cerca una mia reazione. Il suo piede scivola nella mia gamba nuda verso il ginocchio.
«Suppongo che se un mio avversario facesse questa mossa dovrei chiedere… cosa vuoi da me?»
«È una domanda molto sbagliata Viola, non trovi?»
Damiano continua a muovere il piede sulle mia gambe facendosi strada nel mio interno coscia. Provo un mix di emozioni, piacere, timore anche se sono al sicuro qui con lui.
Quando le sue dita del piede sfiorano il mio intimo di pizzo mi alzo di scatto e lui fa altrettanto prendendomi alle spalle.
«Vedi Viola, chiedere “cosa vuoi da me” non è un’apertura, o sbaglio? Non stai giocando la tua partita se subisci quello che il tuo avversario fa su di te»
Respiro il profumo di Damiano e lascio che la mia schiena si posi sul suo petto scolpito per pensare qualche secondo prima di rispondere alle sue istruzioni.
Mi giro verso di lui: è consapevole dell’effetto che fa sulle ragazze. Forse è per questo che nell’organizzazione lui è sempre stato scelto rispetto agli altri della gang.
Lo spingo verso la poltrona, per farlo sedere. Metto una mano sul suo mento mentre mi siedo a cavalcioni su di lui.
«Mettiamola così Damiano, se fossimo al club, e stessi facendo il mio lavoro come dealer al tavolo di poker se l’avance fosse partita da Wang, il nostro habitué cinese, probabilmente avrei fatto in modo di fargli avere una pessima mano al turno successivo. Avrebbe pensato di non aver fatto esattamente una mossa fortunata. Se invece il piedino curioso fosse quello del Diablo, il messicano, avrei scostato la gamba, facendogli presente davanti a tutto il tavolo che gli extra si concordano con Daniele, e che ci sono le ballerine per questo. Diciamo invece che se il piede fosse stato di Leon, no, non lo posso immaginare, non sarebbe possibile, e in ogni caso – in quel caso – lo avrei lasciato fare perché probabilmente avrebbe avuto un buon motivo per farlo, è il Boss dopotutto, no?.»
Damiano mi fissa stupito. E io faccio tintinnare le dita lungo la sua mascella.
«Ma… visto che il piedino me l’hai fatto tu, e visto che non c’è nessuna delle tue puttanelle a incollarti gli occhi addosso» lo sento fremere mentre mi prendo gioco senza troppi indugi della sua amata Gattina, la ragazzetta che gli sta addosso. Damiano tenta di spostarmi ma gli blocco le mani nei poggioli della sedia «dicevo, visto che siamo solo io e te, la mia – come dici tu- apertura, sarà per prendermi quello che voglio. TU.»
E mentre concludo la frase lo bacio muovendo la lingua nella sua bocca. Mi prendo il bacio che desideravo, il bacio che era nell’aria e che ci teneva lontani. Vorrei prendermi anche qualcos’altro, ma meglio andare per gradi.
Mi alzo e torno sulla mia poltrona di fronte alla scacchiera.
«Quindi, Damiano, te lo ripeto, cosa vuoi da me? È questa la mia mossa» e mentre sorrido faccio scacco matto concludendo la nostra partita.
Damiano scoppia a ridere e si alza verso la porta laterale.
«Molto bene Viola, tutto-molto-bene. Penso tu abbia imparato molto bene la mia lezione, è per questo che c’è qui qualcuno che vuole fare una seconda partita con te.»
Dalla porta della stanza laterale sbuca La Gatta. Ero convinta che fossimo da soli. Ho un brivido lungo la schiena, che un po’ è paura, un po’ è eccitazione, un po’ è un “che cazzo mi mettono sempre nei guai”. La Gatta ha in mano una frusta, un bel gatto a nove code che sembra realizzato a mano.
Damiano la bacia sulla fronte e le sussurra. «È tutta tua, buona partita ragazze» ed esce dall’abitacolo lasciandoci qui, feline, lussuriose, pronte alla prossima partita.