di Madame Gisele
La sala riunioni è in penombra. L’unico riflesso di luce è dato dalle slide che scorrono sul muro. Noia, noia, noia. Numeri, statistiche, indici di vendita. E quel che è peggio, è che nemmeno io posso annoiarmi in pace, dato che sono una dei relatori.
Spetta a me raccontare la parte di advertising, tra poco, e devo essere per forza vigile. In piedi sul pulpito, aspetto con pazienza il mio turno. Per tenermi sveglia, continuo a infilare e sfilare il tacco, fino a quando non sento sulla caviglia il tocco delicato di una mano che conosco bene.
È quella di Arthur, il mio collega, seduto ai piedi del pulpito. Cravatta perfetta, giacca blu, Brogue lucide ai piedi. La mano sale piano, accarezzando la gamba fino al retro del ginocchio, dove si ferma e il pollice gioca con una smagliatura del collant.
Ma che diavolo gli prende? Non vorrà mica tentarmi in questo modo, proprio adesso. Eppure, lo sa che le nostre interazioni sono limitate alla pausa pranzo. Quando tutti scendono in mensa e lui no, perché non pranza mai. E io no, perché mi porto il pranzo da casa. Le scuse ufficiali sono quelle.
In realtà, approfittiamo di quella golden hour per chiuderci insieme nello stanzino delle fotocopie. C’è tutto il tempo per divertirsi, là dentro, anche più di una volta.
È iniziata per puro caso. Ero lì a fotocopiare centinaia di presentazioni, quando la macchina si è impallata, ha iniziato a sputare fuori fogli su fogli e a lanciarli per terra. Arthur era all’altra macchina e si è chinato al volo. Nel raccoglierli, mi ha accarezzato la caviglia e ci siamo guardati. Due minuti dopo, ero seduta sulla fotocopiatrice con la gonna alzata e la camicetta aperta, mentre lui mi leccava con maestria tra le cosce.
Chiariamoci, non sono mai stata una che si lascia andare così. Ma, dopo il divorzio, al diavolo, voglio approfittare di ogni singolo momento senza negarmi niente. E tra di noi c’è stata subito una corrente sotterranea.
La mano di Arthur continua a viaggiare: ora è arrivata al bordo dell’autoreggente e sale ancora. Posa la mano aperta sul mio culo e lo massaggia piano.
Poi sento le sue dita calde, flautate, insinuarsi sotto il bordo degli slip. Allargo le gambe impercettibilmente ed ecco l’indice giocare piano con la mia clitoride. La mia fica riconosce il suo tocco esperto e risponde bagnandosi subito, che traditrice. L’indice entra piano, ruotando, mentre reprimo un gemito. Dannazione, ho un microfono davanti alla bocca! Ci manca solo che cento persone mi sentano ululare di piacere come una gatta in calore.
Arthur sta sorridendo, lo so senza vederlo. Lui se ne sta bello tranquillo seduto, col tavolo che lo copre e io devo fare attenzione. Traditore. Va bene che il pulpito mi nasconde, ma non posso tradirmi. Cerco di sviarlo dimenandomi piano, ma questo non lo dissuade, anzi. Inizia a muoversi più velocemente. Dannazione a lui, sa come farmi venire in un secondo. Mi vedo da fuori: vestita di tutto punto, in giacca, davanti a una platea, con una presentazione da leggere tra due minuti. Avrò il tempo di venire e, soprattutto, senza farmi notare?
D’improvviso esce e mi tira giù le mutandine. No! E adesso? Non posso chinarmi, tutti mi vedrebbero! Faccio l’unica cosa che posso fare: alzo prima una gamba e poi l’altra e le calcio sotto il pulpito. Arthur dà un colpo di tosse per nascondere la sua risata. Dannato, appena saremo soli gli strapperò i peli del petto uno per uno. No, meglio, andrò lì con una ceretta e glieli strapperò tutti insieme.
Nel frattempo, la sua mano torna al punto di partenza. Stavolta entra con due dita, mentre col pollice mi massaggia la clitoride. Sento i capezzoli che si drizzano contro le coppe del reggiseno. Meno male che ho avuto il buonsenso di chiudermi la giacca, mi sembra che tutti stiano fissando me, anche se le luci sono spente. Le dita esperte di Arthur continuano la loro danza indemoniata penetrando sempre più a fondo, mentre sento le gambe che mi cedono. Mi aggrappo al pulpito pregando che il mio capo non decida di cedermi la parola proprio adesso.
Stringo forte i lati, quando sento l’onda arrivare da lontano, prima piano, poi sempre più vicina. Un minuto e verrò fortissimo nella situazione più eccitante che mi sia mai capitata. La mano di Arthur continua a entrare e uscire provocandomi scosse in tutto il corpo, fino a quando esplodo per il piacere inondandolo col mio umore. Lo sente anche lui, perché esce piano e mi dà ancora due carezzine, mentre il mondo mi gira intorno e cerco di non perdere la testa.
È andata. I respiri si fanno più lenti, il cuore rallenta il battito, la spinta tra le gambe si attenua, le mani allentano la presa. Sono bagnata come non mai, ma nessuno pare essersi accorto di nulla.
“…a questo punto lascio la parola a Claudia, la nostra responsabile marketing” e parte un applauso.
Mi schiarisco la voce e inizio a illustrare la situazione marketing. Con la coda dell’occhio vedo Arthur che mi fissa sorridendo. Gli lancio anch’io un sorriso, ma il mio è pericoloso.
Ti sei comportato da bambino dispettoso, dice, e questa te la farò pagare. Io e te. Presto. In sala fotocopie.
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