Di là la cena aziendale di Natale… e noi due nel bagno dell’hotel!

sesso nel bagno dell'hotel durante la cena aziendale

di Madame Gisele

La sala dell’hotel è immensa: un grande albero addobbato nell’angolo e un lunghissimo tavolo rettangolare al centro. In poche parole? La cena di Natale dell’ufficio. Quale occasione migliore per far pagare ad Arthur il suo scherzetto? Mi ha fatto avere un orgasmo davanti a tutti durante la presentazione aziendale! Adesso toccherà a lui fare sfoggio di autocontrollo. 

Controllo attentamente i suoi movimenti e, appena prende posto accanto all’Amministratore Delegato, mi piazzo di fronte a lui con un sorriso. Chiacchiere, bilanci, noia: per scacciarla, all’arrivo degli spaghetti allo scoglio, mi tolgo una scarpa e allungo la gamba sotto il tavolo, fino a trovare quella di Arthur, che spalanca gli occhi e mi fissa attonito. Muove il piede per allontanarmi, ma il tentativo fa solo sì che il mio piedino di fata si insinui ancora di più sotto la gamba del suo pantalone. 

Lo vedo nervoso: si versa un po’ di vino e dedica tutta la sua attenzione al vicino. È il momento di salire e di fermarmi in mezzo alle gambe, dove la stoffa è tesa. Ha già voglia di me…

Muovo le dita dei piedi come se fossero tentacoli di una piovra, stringendo e accarezzando: la sua erezione è palese e questo non fa che eccitarmi ancora di più, mentre aumento il ritmo. So che gli stanno passando davanti agli occhi, intanto che chiacchiera di introiti e pubblicità, i venti minuti passati insieme l’altro ieri nella sala fotocopie. Quando gli ho infilato, decisa, la mano nei pantaloni e l’ho fatto venire in pochi minuti. 

Mi lancia uno sguardo infuocato che sta a metà tra “Voglio scoparti il prima possibile su questo tavolo” e “Cosa diavolo stai facendo”. Il mio risponde dicendo: “Questa è per lo scherzetto dell’altro giorno. Ti è piaciuto mettermi in difficoltà? Adesso tocca a te”. Touché, caro mio. 

Aumento la velocità, muovendo le dita contro il suo pene sempre più velocemente: sento il calore che emana mentre tende la stoffa. Non mi fermo neanche quando l’amministratore si rivolge al mio vicino di sedia e Arthur finge di rivolgere la sua attenzione agli spaghetti. In realtà, afferra il mio piede sotto la tovaglia e lo allontana. Poi si alza di scatto e con un rapido “Scusate, il telefono” esce dalla sala. Che attore da Oscar. Un po’ delusa per non essere riuscita a farlo venire davanti a tutti quei parrucconi, mi concentro sulla conversazione col vicino, fino a quando non mi alzo per una pausa-bagno. 

In giro non c’è nessuno: la gente è sparpagliata per la sala, molti stanno aspettando il secondo e lo spumante spiana le conversazioni. La musica è talmente forte che non si sente altro. Mentre sto per chiudere la porta, uno spintone la riapre e Arthur si infila dentro. Chiude a chiave e si gira verso di me.

Claudia, sei una bambina dispettosa” mi sussurra all’orecchio, spingendomi contro il muro e insinuando la sua mano sotto il mio vestito “e vai punita”. Con un movimento fulmineo mi toglie gli slip e mi gira verso il muro, alzandomi la gonna fino alla vita. 

Molto severamente, anche” aggiunge, penetrandomi con una spinta decisa. Mi piega in avanti, mentre mi tengo ancorata al muro con le mani, e inizia a scoparmi con furia. Il suo uccello è durissimo e mi riempie come mai prima. Entra ed esce come una lama: ne voglio di più, ancora di più. Con una mano mi strizza i seni, mentre l’altra gioca col clitoride.

Voglio sentirti gridare” sussurra, continuando a prendermi con forza. Sento la testa che inizia a vorticare, la piego all’indietro e, proprio in quel momento, qualcuno tenta la maniglia.

O-occupato!” dico, cercando di sembrare normale, invece di una che sta per venire da un momento all’altro nel bagno di un hotel. Sento passi e parole che si allontanano e Arthur che mi sussurra nell’orecchio: “Brava, adesso puoi urlare”.

Non fa in tempo a finire la frase che l’assurdo di tutta quella situazione si trasforma in un potente orgasmo. Caccio un urlo animalesco, sperando che dietro quella porta non ci sia davvero più nessuno e che la musica sia abbastanza forte da coprirlo. 

Anche per lui è il momento di venire: dopo due mesi di sesso insieme, riconosco il crescere dei suoi ansiti. Si abbandona contro la mia schiena e mi stringe forte la fica. Il suo uccello esplode dentro di me liberando migliaia di prigionieri e pulsando a intermittenza. Rimaniamo così: appoggiati alla parete, ancora incapaci di staccarci, e iniziamo a ridere. 

 “Buon Natale, piccola tentatrice…” mi sussurra piano.

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