Di Madame Gisele
Guido piano sulla statale, con Francesca a lato. Di solito non ho problemi ad accelerare, ma stasera tutto quello che vedo davanti a me è un muro bianco di nebbia. Cinquanta orari e via, per fortuna so a memoria la strada per arrivare al parcheggio dove Francesca ha lasciato la macchina e scaricarla – finalmente- lì.
Quando mi ha chiesto di darle un passaggio fino alla festa, non ho trovato un buon motivo per dirle di no. Non che mi stia antipatica, lavoriamo insieme da vari anni, ma è una che non te le manda a dire e, in passato, abbiamo avuto anche qualche discussione colorita. In più, fisicamente non è proprio il mio tipo. Capelli corti biondo cenere, occhiali, gonne lunghe, camicie abbottonate fino al collo… insomma, ci siamo capiti. A me piacciono le more con i capelli lunghi e l’aria da peccatrice, non le santarelline.
Il viaggio verso la festa, per fortuna, è andato via liscio: lei è salita in macchina impaludata, come al solito, in qualcosa a metà tra la bibliotecaria e la maestra d’asilo. Due parole sul lavoro, un paio di risate ed eccoci arrivati al locale. Una volta lì, per fortuna, l’ho persa di vista fino al momento di andar via. Ci hanno pensato le segretarie dell’ufficio a intrattenermi, con le loro scollature generose e i loro colli da annusare. Verso le 2, quando ormai la serata si avviava verso la fine, ho incrociato gli occhi di Francesca e le ho fatto un cenno che stava per “Io me ne andrei, se vuoi venire”. Ha mollato il tizio con cui stava parlando e mi ha raggiunto subito.
Ed eccoci qui, in silenzio e quasi a destinazione. Parcheggio dietro la sua Smart e mi giro verso di lei per un cordiale “Ciao, buonanotte” quando la vedo sporgersi verso di me. Non pensavo fossimo così amici da salutarci con un bacio sulla guancia, ma vabbè.
È in quel momento che il mondo si capovolge, come in quegli affari con dentro la neve e il Duomo.
Lei si gira di scatto e mi centra le labbra, insinuando una mano tra i miei capelli. Sento le unghie sulla nuca. Oh, cazzo. E adesso?
Il suo profumo, dolce e intenso, mi stordisce. Rimango lì come uno scemo, mentre lei mi schiude le labbra con le sue e si insinua con la lingua nella mia bocca. Sa di Gin Tonic e di mare. È a quel punto che i neuroni ripartono e mi riprendo dallo shock. Chiudo gli occhi e reagisco d’istinto: ricambio il bacio e le sbottono la camicetta. Trovo un pizzo, infilo la mano ed eccolo lì, un seno morbido che si inturgidisce sotto il mio palmo, un capezzolo durissimo che mi saluta.
Francesca tira la leva del sedile e io piombo all’indietro. Poi si mette a cavalcioni su di me, mentre con la manopola inclina del tutto il sedile e passa a strusciare le labbra contro il mio collo, mordendomelo piano. Le infilo le mani sotto la gonna e trovo subito quello che voglio: un culo sodo, che stringo forte. Ha solo delle autoreggenti, ma non indossa nessun tipo di slip. Questo dettaglio mi fa impazzire. Li avrà tolti in discoteca? Oppure sarà già salita in macchina senza? Smetto di chiedermelo quando inizia a sbottonarmi i jeans, si insinua nei miei boxer e mi stringe forte il cazzo (di per sé, già molto su di giri).
Nascondo la testa nell’incavo tra i seni e, affamato, li mordo e li bacio: hanno un profumo delicato di rosa. Lei inizia a muovere la mano su e giù e io mi sposto sul collo, mentre le strappo giù del tutto la camicetta e il reggiseno. Non avevo mai pensato che, sotto quelle camicie accollate da bibliotecaria, nascondesse due seni così ampi e una pelle così liscia.
“Ti voglio” le sussurro all’orecchio. Sorride e mi fa strada con la mano. Trovo un pendio liscio, scivolo piano e mi faccio spazio dentro di lei. O forse è lei che me lo racchiude? Non lo so. Fatto sta che è larga e accogliente, un lago di piacere in cui mi perdo.
Mi avvolge, appoggia le mani sul petto e butta indietro la testa, mentre arrivo fino in fondo e inizio a muovermi, facendola sussultare e gemere di piacere a ogni movimento. Mi aiuto stringendole le natiche e nascondo la faccia sul suo petto.
Lei mi afferra i capelli e mi tira indietro la testa, si avvicina col viso al mio e prende il comando, facendo leva con le mani sul sedile. Sono in completa balìa di una donna con cui ho sempre scambiato poche parole, che non ho mai considerato attraente (quanto sono idiota?) e che adesso mi sta cavalcando con ferocia. Le stringo la schiena e la attiro ancora più vicina a me, per baciarla. Lei mi morde il labbro inferiore, poi lingue si mettono a danzare, mentre il mio cazzo e sua fica continuano la loro discussione infuocata.
Mentre la bacio dappertutto sento ancora il suo profumo inebriante e, sebbene corti, i capelli mi fanno il solletico. Lei si tira su e mi fissa dritto negli occhi, mentre continua a scoparmi con foga, stringendomi i capelli con la mano. Il ritmo aumenta e aumenta ancora: sono quasi in trance, sospeso in un limbo bianco-argenteo, potrei andare avanti per ore.
Poi, all’improvviso, il mondo si capovolge di nuovo; lei sta venendo, con un gemito che si perde nella nebbia che ci circonda. Mi lascio andare. Francesca continua a cavalcarmi, ora più lentamente, e sono a un passo dal venire anch’io: solo allora si sfila e, velocissima, lo prende in bocca. Esplodo, mentre lei me lo succhia e inghiotte.
Sto godendo come mai prima; nessuna donna è mai riuscita a farmi venire così. Chi l’avrebbe detto che una santarellina sempre precisa e vestita come mia nonna avesse queste abilità nascoste? Le accarezzo i capelli, mentre lei continua a inghiottire e mi fissa, con gli occhi chiari che brillano dietro le lenti, nella luce soffusa dei lampioni.