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UN’AVVENTURA EROTICA AL SESTO MESE DI GRAVIDANZA

Mi guardo allo specchio e non riconosco quella ragazza riflessa. Ha un seno enorme, intrappolato in una canottiera di cotone blu con le spalline usurate. I capelli castano rossicci le scendono oltre le clavicole in onde disordinate, mentre i fianchi iniziano a cedere sotto il peso della pancia che alla fine del sesto mese è sempre più visibile e ingombrante.

Da quando sono diventata una futura madre single ho smesso di scegliere me, ma anche di scegliere, in generale, e ho lasciato che le ore della giornata mi trasportassero al confine di un territorio sconosciuto e brullo, inospitale e desolante.

Oggi mi vedo per la prima volta e sorrido a questa pancia che cresce e a una solitudine che presto scomparirà, per fare spazio a sentimenti nuovi, entusiasmanti quanto spaventosi.

Il sangue sotto la pelle brucia da qualche giorno, gli ormoni scossi si stanno agitando ancora di più e non mi tolgo dalla mente Davide, l’insegnante di scuola guida conosciuto l’anno scorso, quando pensavo solo a prendere la patente della moto, pronta a  muoversi su due ruote, con un motore rumoroso tra le gambe e i piedi agili nel cambiare marcia. Ero concentrata solo sulla velocità, la libertà, nuove sfide e un ragazzo severo, silenzioso, intransigente, ma abile nel farmi progredire lezione dopo lezione.

Pensavo di stargli antipatica, che mi compatisse perché ero una donna sui trenta, che non aveva nemmeno mai guidato un motorino sfigato. Credevo ridesse segretamente di me e delle mie paure, mentre tremavo a ogni curva stretta o quando invece di inserire la freccia spingevo il clacson. Lo spiavo mentre con aria neutra, quasi glaciale, mi allungava l’auricolare o i paraginocchia e la maglia lasciava intravedere gli addominali. Ascoltavo la sua voce piena, rassicurante, darmi istruzioni e sgridarmi a ogni errore. Mi sentivo piccola, fragile e avrei voluto fargli sapere quanto mi eccitasse questo rapporto insegnante/allieva. Avrei voluto che la sera, a fine lezione – tanto ero sempre l’ultima – e si arrivava alle nove, mentre mi aiutava a sfilare la giacca smanicata arancione, quella orribile e antiestetica giacca, mi prendesse la testa tra le mani e mi baciasse, invece di salutarmi per andare a portare le moto in garage.

Solo poco prima della fine del nostro percorso, quando l’esame era vicino, ha mostrato un lato diverso, facendomi capire che gli ero tutt’altro che indifferente. Nel parcheggio dove ci si allena per la prova con i coni, quella che continuavo a sbagliare perché non mi fidavo dei suoi consigli, non seguivo il senso delle parole che mi ripeteva nell’auricolare, ha detto che se non fossi stata fidanzata ci avrebbe provato con me, mi avrebbe portata in vacanza in moto e ci saremmo divertiti come pazzi. In quel momento mi sarei levata il casco e, seduta cavalcioni sulla mia moto, lo avrei baciato ma no, mi sono trattenuta, ero fidanzata, potevo contenere una cotta passeggera.

Oggi invece, sola con la mia pancia, ripenso con nostalgia a quei momenti persi, vorrei essere desiderata in quel modo e non vista solo con animo compassionevole. Decido di reagire, buttare la canotta logora, passare del rossetto color corallo, infilare i jeans a vita bassa attillati che ancora mi entrano e indossare una maglia scollata, per lasciar emergere questo nuovo ed esplosivo seno. Non so cosa mi aspetto possa succedere durante una semplice passeggiata in centro, ma sento che è necessario. Capisco mentre sto entrando in un piccolo bar a due isolati da casa quale fosse l’urgenza che l’universo mi ha segnalato: Davide.

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Mi fissa stupito, quando mi avvicino a lui mentre sta ancora finendo di sorseggiare un espresso. Nota la pancia, ma prima indugia sul seno, indeciso su quale delle due novità lo interessi maggiormente. E’ il mio momento, devo cogliere l’opportunità, testare se, nonostante tutto sia ancora interessato a me, se questa condizione può intrigarlo comunque e immediatamente spiego di essere single e rido, sdrammatizzo sulla gravidanza, cerco di sembrare easy, e funziona. Funziona talmente bene che mi porta a casa sua, percepisco l’urgenza che ci muove entrambi, come se sapessimo che sta suonando la nostra sveglia. Mi spoglia velocemente, è eccitato e impaziente, mi bacia, e chiede il permesso di toccare la pancia. Non lo spaventa, anzi ne è attratto, tanto da farmi sentire più preziosa, più attraente e sexy di quanto lo sia mai stata.

Infilo una mano nei boxer e sento che ce l’ha duro, pronto, grosso. Lo immaginavo così, un pezzo di legno dal diametro largo, dritto e disciplinato. Gli sfilo le mutande e nudi ci stendiamo sul fianco, guardandoci, toccandoci, baciandoci. Ha la pelle dolciastra, ancora abbronzata dal sole e lascio scivolare sui pettorali il palmo della mano, memorizzandone la forma e la consistenza. Anche io sono impaziente e improvvisamente mi giro, dandogli le spalle, afferro il suo cazzo e lo dirigo tra le mie gambe, con l’urgenza di chi deve tamponare una ferita sanguinante. Non esita, non ha timore, mi penetra dolce ma deciso, attento a percepire ogni mia reazione. E io rispondo con un orgasmo quasi immediato, bastano pochi colpi di reni e già crollo. Non mi sono masturbata per mesi, persa in quello stato di non-esistenza e ho molto arretrato da appagare. Vedo che questa mia reattività nutre il suo ego, e lo entusiasma, rinvigorendo i movimenti. Mi scopa senza sosta, alternando il ritmo, toccandomi il clitoride, strizzando i seni, leccandomi il collo e la schiena, fino a che entrambi perdiamo completamente il senso del tempo, dello spazio, della materia dei nostri corpi. Sto bene, sono in uno stato di grazia, nessun dolore, solo un piacere continuo, inarrestabile che cresce, divento agile e capace di assumere posizioni come se non fossi incinta di quasi sette mesi, finché non capisco che anche lui sta arrivando alla fine. Prendo il suo cazzo in bocca, lo assaporo e lo massaggio, lo sfrego con la lingua, con le labbra, lo lecco e quando è sul punto di venire, lascio che il getto di sperma macchi la pelle liscia della mia pancia. È stupito, colpito da questo gesto sfrontato, quasi osceno ed eccitante. Sento che è in grado di apprezzare le nature ambivalenti che ora mi comandano e gli sorrido, mentre con un dito raccolgo un po’ di seme dall’ombelico, lo porto sulle sue labbra e le sigillo con un lungo bacio.

Madame Elizabeth

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